CULTURA SCIENTIFICA

La chirurgia: il contributo di Giovanni Alessandro Brambilla Maria Carla Garbarino

La chirurgia che, a partire dal Medioevo, aveva cominciato a essere considerata una poco onorevole attività meccanica, umile sorella della nobile arte della medicina, cambiò volto nell’Europa della seconda metà del Settecento.
I chirurghi videro delinearsi sempre più nettamente il loro mestiere, prendendo definitivamente le distanze dai barbieri, ai quali era stata a lungo consentita la pratica di piccoli interventi e, in particolare, dei salassi. Acquisirono, inoltre, progressivamente una migliore istruzione e un più elevato prestigio sociale. Un contributo importante a questa evoluzione venne offerto, tra Pavia e Vienna, da Giovanni Alessandro Brambilla (1728-1800).
Originario di San Zenone Po, un piccolo borgo non lontano da Pavia, Brambilla, dopo una pratica di alcuni anni presso l’ospedale San Matteo di Pavia, si arruolò nell’esercito asburgico come sotto-chirurgo, un ruolo generalmente ricoperto da personale inesperto, mal pagato e privo di adeguata strumentazione. Maturò però una grande esperienza durante la Guerra dei sette anni e dopo una brillante carriera divenne chirurgo personale dell’imperatore Giuseppe II e protochirurgo dell’esercito, una carica che lo poneva a capo di tutta l’organizzazione sanitaria militare. Da questa posizione di potere si impegnò in una riforma dell’addestramento dei chirurghi dell’esercito, fondando a Vienna l’Accademia medico-chirurgica Josephina, dotata di una ricca biblioteca e di preziose collezioni di strumenti operatori e modelli anatomici. Per l’istruzione degli studenti Brambilla progettò, tra l’altro, uno strumentario chirurgico costituito da varie cassette di ferri, ciascuna delle quali dedicata e una specifica operazione (ad esempio, salasso, amputazioni, parto, trapanazione cranica). Gli allievi della sua accademia avrebbero imparato a conoscere e utilizzare i ferri di questa collezione e sarebbero anche stati in grado, durante le campagne militari, di sostituire gli strumenti danneggiati, facendosene costruire dei nuovi da un qualsiasi coltellinaio, poiché, insieme alle cassette chirurgiche, era fornito in dotazione un volume nel quale splendide tavole calcografiche rappresentavano, a grandezza naturale, tutti gli strumenti e le loro caratteristiche costruttive. Una collezione più piccola rispetto a quella conservata al Josephinum venne inviata a Pavia, in dono ad Antonio Scarpa, ed è oggi conservata al Museo per la Storia dell’Università.

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